Nel momento in cui l’attentato alle Torri Gemelle di New York sembra sgretolare anche le più tenaci volontà di pace, il mondo dell’arte esprime la ferma convinzione di un obbligo per tutti a rimuovere l’istinto di rivalsa e le ragioni giustificative della violenza; nella circostanza, a Sacile convergono gli slanci di undici artisti impegnati a proclamare la loro avversione alla guerra.
Il comune denominatore geografico (area centroeuropea) elegge la città a punto di ricezione per segnali di pacifica convivenza (che è programma minimo) in un itinerario teso fino alla fruttuosa integrazione interetnica ( che è ambizione massima) ; in questo senso il centro del Livenza diviene laboratorio per una strategia che fermenta un confronto serrato fra culture adiacenti eppur diversificate dalla natura e dalla storia. Il territorio dell’arte è soprattutto ambito dove la fantasia si disfrena in seducenti avventure poco legate alla logica dell’acquisto e pronte invece, a sospingere il pensiero verso esiti apparentemente improbabili.
Indici artisti con la loro presenza, allineata per immagini in una teoria aggregante, testimoniano la possibilità di accogliere in circuiti ridotti energie molteplici, differenti per intensità, ruolo, aspirazioni, modi di sentire; con la forza dei rispettivi risultati divengono modello di una situazione di pace nel rispetto delle diversità e nella sottolineatura delle sintonie.
L’idea di pace permanente, come urgenza inscritta nelle coscienze più che attraversata dal guizzo occasionale dell’emozione (accadimento bellico, immagine toccante, informazioni di massacri) avvicina gli artisti in un corpo unico, una sorta di monumentale emblema che proprio con le sue distinte articolazioni rappresenta la gradevole necessità della coesistenza e della cooperazione con la prospettiva sempre più ambiziosa del progetto comune. Lo confermano Richard Kaplenig e Rupert Wenzel (Austria), Zdravko Milic e Bruno Paladin (Croazia), Erik Lovko e Joze Subic (Slovenia), Paolo Cervi Kervischer, Salvatore Dominelli, Benedetta Jandolo, Emanuele Traviglia, Toni Zanussi (Italia). Le opere disseminate nella realtà espositiva e nel catalogo secondo la regola alfabetica generale, rimarcano l’unanime volontà dei singoli di incidere nella compagine col peso delle rispettive individualità artistiche, fuori dall’appartenenza ai propri paesi. In tal modo questa circostanza di ricognizione su una parte fervida e produttiva della ricerca attuale.
Paolo Cervi Kervischer realizza una pittura in cui la compresenza di molteplici elementi, assunti dalla cronaca e dalla storia, si intride con l’idea di una classicità reinterpretata attraverso simboli; il ritratto allora- che pur è determinazione fisionomica precisa- diventa negazione di se stesso, inserito in un contesto dove vivono numerose forze che tendono e scomporre l’immagine in porzioni fuse con la profondità del nero. L’insistenza figurale sul tronco anatomico sottolinea tensioni opposte, calibrate in un saldo equilibrio estetico : il buio e la luce, la figura e la sua evanescenza, la concretezza del colore e la sua allusività.
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