Alla scoperta del Mondo Cervi Kervischer

di Manuel Fanni Canelles

Se potessimo frugare tra i sensi più personali e profondi, potremmo incontrare un nuovo spazio, nuove identità o semplicemente un profumo mai sentito; un nuovo gusto, forse.
Se anche l’uomo col cappotto, che noi seguiamo, sia raccolto nei medesimi pensieri, non ci è dato di saperlo; quello che sappiamo è che la città che percorre a passi veloci e distratti è di confine, raccoglie in effetti profumi e gusti lontani, altri mondi, altre culture, è composta da ori e cancelli chiusi e il suo nome è Trieste ; per chi non la conoscesse potremmo suggerire di starsene lontano, per non esserne definitivamente corroso. Ma la città fantasma ha il fascino della morte, il mistero ci seduce in effetti, perciò proviamo a seguire con cautela l'individuo con il cappotto, che forse ci condurrà dentro qualche porta; e una porta dischiude uno spazio, una nuova identità o un profumo mai sentito. Appunto, un campanello suonato, delle ripide scale ma tanto la porta da varcare è solamente al primo piano, dentro un palazzo di antiche memorie. Entriamo.
Chi ci apre è un omino dagli occhi sparati, che fuma. la scia di quel sigaro ci conduce per un luogo di legno e colore, uno spazio per i sensi. L'omino è ormai seduto su una vecchia poltrona da barbiere; assomiglia a una sedia per torture, ma non c'è tempo per distrarsi, gli spazi sono immensi e troppi oggetti ne approfondiscono il mistero. Quello che sappiamo è che l'omino si chiama Paolo Cervi Kervischer e lo spazio è il suo vasto studio triestino. Dunque non distraiamoci troppo che l’artista sta già parlando di profumi e sapori: “Tutta la mia pittura oltre che ad essere un’arte visiva, prende in considerazione il tatto. Desidero coinvolgere tutti i sensi cercando di suscitare emozioni che vadano oltre la superficie.  I miei colori rimandano ai frutti, alle torte, alle paste”.


Cibo. Erotismo?

L’erotismo è essenziale, ma non fine a se stesso; non è un erotismo di immagine. Nei miei corpi nudi c’è la volontà di donare un colore pronto per essere mangiato. Ecco, (si alza, prende alcune opere, le appoggia al pavimento, ma continua a fumare) le spargo davanti un po’ dei miei ultimi lavori, non verrebbe voglia di mangiarli?


Dei corpi che colano sugo?

Sì, il sugo dell’esistenza, corpi che trasudano umori. intercettati come icone del corpo. Nascono per sottrazione. C’è un’immagine sotto la tela e devo sprigionarla.


Michelangiolescamente parlando...

Sì, libera un’immagine ampia del corpo. E’ una tecnica che mi ispira moltissimo e contraddistingue il mio ultimo periodo.


Parliamo invece del lontano 1992. Ai lettori di Cofee Colours interesserà sicuramente.

Immagino si riferisca a quando Francesco Illy mi propose di disegnare per la prima volta una tazzina da caffè.

Indovinato.

Francesco voleva rinnovare l’immagine dell’azienda. Sono orgoglioso nel dire che tutto è nato nel mio studio. Ci sono volute settimane di lavoro, centinaia di bozzetti. Poi è nata Toon-gee.


Toon-gee?

Sì, la prima tazzina d’arte della Illy. Non è stato  facile partorire un corpo disteso. Lungi dalla dimensione astratta, l’idea fu subito quella del corpo da bere. La dimensione del profumo e del sapore; un nudo di donna profumato. Il nome Toon-gee nacque da un pezzo musicale di John Coltrane. La musica sale eccitante, è come se scalasse a fatica una montagna. Un po’ come il caffè che viene fuori dalla moka.


E quattro anni più tardi la serie “Basket Play Ground”.


Mi fa piacere leggere quello che ha scritto per queste tazzine Francesco Illy. Posso?

Concesso.

“Dalla smorfia dello sforzo di andare a canestro di un giocatore di colore che sembra venirti addosso con tutta la veemenza di una muscolatura possente e scattante esce un senso estatico allargato, quasi a ricordare che il senso della vita sta nella fatica, nello sforzo, nella dedizione, nel sacrificio.”


Quindi movimento e gestualità.

Sono immagini in movimento. C’è un dinamismo che fa sì che quella bocca si aprirà, quel braccio ti raggiungerà.

Alla fine dunque ti avvicini al linguaggio teatrale.

Ho realizzato delle performance sul corpo. E alla fine non si scostavano tanto dai corpi riprodotti nelle tazzine o sulle mie tele. Il percorso è il medesimo; trasporto sulla scena questa stessa idea di corpo, questa idea di corpo appiattito, di immagine appiattita. Il corpo si astrae, diventa mistico, diventa corpo di tutte le donne, della Donna. C’è una continuità tra la mia pittura e l’idea del sacro. Dipingo un mondo al confine con la spiritualità. A me interessa indagare questo confine.


Le tue modelle rappresentano questo tramite?


Le modelle devono mandarmi emozioni che io raccolgo come un sismografo. Non è un’eccitazione superficiale ma un riempirsi di un mondo emozionale evocato. Non posso dipingere delle foto, per avere una pittura che evoca devo partire da un’emozione e il corpo della modella dev’essere palpabile, vero, presente.


Pensa al caffè e dacci tre parole

Vita, difficoltà, catarsi.

Paolo, grazie per il tempo dedicatoci. Intanto  auguriamo ai lettori di Coffee Colours di provare un giorno l’emozione di gustare un buon caffè dalla tua “Toon-gee”...
Il regno vasto profumato e sensuale di Paolo cervi Kervischer,è a Trieste in via Belpoggio 1. Ma raccomandiamo al possibile fruitore di non perdersi entrando: i nudi perdono i propri corpi tra i tasti di un pianoforte a coda, un sassofono sembra addormentato.Ma niente è come sembra. E’ meno rischioso vagare distrattamente nella rete. Tanto, comunque, di rete si tratta. Rimarrete comunque incastrati: www.pck.it.
E non chiedeteci dell’uomo col cappotto, non sappiamo chi sia. Forse ce lo siamo  solo immaginato.

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